LICENZIAMENTO PER GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO

LICENZIAMENTO PER GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO

Di Sandro Santucci

Il presente articolo rappresenta una guida semplice e di facile comprensione dell’istituto del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, di cui si sente spesso parlare dai media, al fine di poterne conoscere gli aspetti essenziali, i requisiti e le conseguenze sanzionatorie in caso di illegittimità.

Articolo completo e aggiornato su tutto quello che occorre conoscere del licenziamento per giustificato motivo oggettivo e delle sue caratteristiche.

Condizione necessaria per una corretta conoscenza del licenziamento per giustificato motivo oggettivo è la comprensione chiara delle diverse categorie principali di recesso presenti all’intero del nostro Ordinamento. 

LICENZIAMENTO PER MOTIVO SOGGETTIVO E OGGETTIVO

Appare da subito utile specificare che nel nostro Ordinamento i licenziamenti individuali si distinguono in due categorie, quelli soggettivi e quelli oggettivi. I primi sono connotati da illeciti addebitabili e commessi dal lavoratore, a fronte dei quali il datore di lavoro, contestandone inizialmente il fatto e nel rispetto dei termini difesa del lavoratore, può, in base alla gravità e alla sussistenza di particolari requisiti – che saranno oggetto di un altro articolo – comminare il licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo

Tali licenziamenti si distinguono, infatti, in via generale, dalla gravità dell’illecito, in quanto quello per giusta causa è connotato dalla commissione da parte del lavoratore di un fatto talmente grave da pregiudicare l’immediata continuazione del rapporto di lavoro, il quale si intende risolto senza preavviso. Quello per giustificato motivo soggettivo, invece, attiene ad un illecito di notevole gravità per cui è risolvibile il rapporto di lavoro, ma solo nel rispetto del preavviso previsto dalla contrattazione collettiva.

LE RAGIONI OGGETTIVE

Ciò posto, la seconda categoria di licenziamenti individuali indicati in premessa, inerenti al licenziamento per giustificato motivo oggettivo, sottendono a particolari situazioni che si riferiscono al datore di lavoro e alla sua attività e, pertanto, non a condotte imputabili al lavoratore.

Infatti l’art. 3 della Legge n. 604/1966 sancisce che tale interruzione del rapporto di lavoro interessi quei licenziamenti ‘per ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa’, ovverosia a ragioni completamente estranee al comportamento del lavoratore, il quale riceve dall’Ordinamento un particolare tutela.

A titolo di esempio afferiscono ai licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, quelli dovuti per motivi economici in caso di crisi e/o di riduzione del fatturato, per riorganizzazione del datore di lavoro, per soppressione del posto di lavoro per esternalizzazione del servizio o semplicemente per aumento dei profitti aziendali.

IL RICOLLOCAMENTO DEL LAVORATORE

A tal riguardo è bene evidenziare che a tale fattispecie di licenziamento l’Ordinamento accorda una particolare attenzione e tutela nei confronti del lavoratore a cui venga comminato. Infatti, condizione necessaria e imprescindibile è che il datore di lavoro che intende procedere con un licenziamento per giustificato motivo oggettivo debba obbligatoriamente tentare, qualora possibile, di ricollocare il lavoratore in altre mansioni (cd obbligo di repechage), anche peggiorative, compatibili con il suo intero patrimonio professionale, al fine di salvaguardare il posto di lavoro. Tale licenziamento, infatti, rappresenta l’extrema ratio, ovverosia la possibilità estrema, dopo aver cercato di fare il possibile per evitare l’interruzione del rapporto.

CONCETTO DI EXTREMA RATIO

In relazione al concetto di extrema ratio, strettamente connesso alla maggior parte delle ragioni poste a fondamento del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, è proprio il ricorso agli ammortizzatori sociali, in caso di crisi o riorganizzazione dell’attività del datore di lavoro, a rappresentare un requisito importante della legittimità del recesso.

Infatti, in tali casi, come copiose sentenze della suprema Corte di Cassazione confermano, non appare legittimo un licenziamento per giustificato motivo oggettivo, ad esempio per crisi aziendale, senza aver preliminarmente fatto richiesta degli ammortizzatori sociali spettante al lavoratore, in relazione al settore economico in cui opera. 

EXTREMA RATIO E AMMORTIZZATORI SOCIALI

Tale previsione appare molto importante specialmente in questi giorni, in cui tutti ben conoscono il divieto di licenziamento per giustificato motivo oggettivo introdotto a causa dell’emergenza COVID19, che prevede l’eccezione, e quindi la possibilità di licenziare per giustificato motivo oggettivo, nel caso in cui l’azienda abbia goduto degli ammortizzatori sociali COVID19.

In tale contesto, seppur sia lodevole l’intervento del legislatore, ne consegue il rischio di ritenere legittimo il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, al termine del godimento dell’ammortizzatore sociale COVID19. Infatti, alla luce del principio di extrema ratio, è necessario valutare, oltre agli ammortizzatori sociali introdotti per il COVID19, anche quelli Ordinari, come ad esempio la Cassa integrazione Ordinaria per le imprese industriali e il FIS per tutte le realtà con almeno 5 dipendenti, la cui durata massima è di 52 settimane. Tali ammortizzatori sociali Ordinari, infatti, non sono preclusi in caso di utilizzo di quelli per COVID19, e, pertanto, appare evidente che la legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo sembrerebbe rispettata solo se il recesso avvenga, nel caso ad esempio di crisi, a seguito dell’utilizzo sia dell’ammortizzare sociale per COVID19 e che di quello Ordinario, qualora spettante. Unica eccezione è se il datore di lavoro dimostri l’impossibilità di farne ricorso. E’ infatti solo così che viene rispettato pienamente il principio secondo il quale è necessario adottare tutte le misure idonee a scongiurare il licenziamento.

PROFILI DI ILLEGITTIMITA’

Ciò posto, è utile evidenziare le conseguenze sanzionatorie a seguito della violazione di tale requisito. In tali casi, infatti, qualora ad esempio il datore di lavoro comminasse il licenziamento per giustificato motivo oggettivo senza aver collocato prima il lavoratore in godimento dell’ammortizzatore sociale o senza aver tentato di ricollocarlo, quest’ultimo avrebbe diritto di impugnare il recesso per ottenere il risarcimento che l’Ordinamento in tali circostanze gli riconosce. Infatti, in tali casi, in relazione alla sussistenza di diversi criteri, come la data di assunzione, la dimensione dell’azienda, i carichi familiari, il comportamento delle parti, il risarcimento può arrivare anche fino a 12 mensilità.

Inoltre, un’altra conseguenza sanzionatoria a fronte del licenziamento per giustificato motivo oggettivo illegittimo, qualora non solo lo stesso non sia accompagnato dal tentativo di ricollocazione del lavoratore, ma anche quando non sussistano le ragioni poste al suo fondamento, nel caso ad esempio che la crisi addotta dall’impresa e la riorganizzazione siano fittizie, il lavoratore potrà ottenere dal Giudice, in caso di impugnazione, fino a 24 mensilità a titolo di risarcimento.

TUTELE RAFFORZATE

Di notevole importanza, inoltre, la data del 7 marzo 2015. Con il Jobs Act,  infatti, per i dipendenti assunti fino a tale giorno, l’Ordinamento accorda una tutela maggiore, ovverosia che l’azienda con più di 15 dipendenti che intenda procedere con un licenziamento per giustificato motivo oggettivo, sia obbligata ad esperire, preliminarmente, presso l’Ispettorato territoriale del Lavoro competente, il tentativo obbligatorio di conciliazione.

A ciò si aggiunge, che i lavoratori assunti dal 7 marzo 2015, i cd contratti a tutele crescenti, beneficiano di un regime parzialmente diverso per i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, inteso in termini di tetti massimi risarcitori, che, in relazione alle diverse casistiche del licenziamento stesso, possono arrivare fino a 36 mensilità.

DIRITTO DI PRECEDENZA

Da ultimo, è doveroso ricordare l’art. 15 ,comma 6 della L. n. 264/1949 che dispone che i lavoratori licenziati da un’azienda per riduzione di personale, quindi anche in caso di licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, hanno la precedenza nella riassunzione presso la medesima azienda entro 6 mesi, decorrenti dalla comunicazione del recesso.

La sentenza della Corte di Cassazione n. 14293/2002, ha asserito che il diritto di precedenza vige sia in caso di nuove assunzioni a tempo indeterminato che in caso di assunzioni a termine.

In merito all’ambito di operatività del diritto di precedenza l’orientamento giurisprudenziale prevalente ritiene che lo stesso operi con riguardo allo svolgimento della medesima mansione o di mansioni equivalenti.

Tutto ciò si traduce nella conseguente impossibilità di riassunzione, da parte del datore di lavoro, di altri soggetti, nei 6 mesi successivi al licenziamento, per mansioni anche equivalenti al quelle svolte dal lavoratore licenziato.

CONCILIAZIONI

Mi preme di sottolineare, in conclusione, che, in ragione della complessità della materia e dei numerosi abusi perpetrati a danno dei lavoratori che spesso ricevono un licenziamento per giustificato motivo oggettivo, senza il rispetto delle condizioni descritte, sia possibile intervenire anche in via conciliativa, e non necessariamente per via giudiziale, per l’ottenimento del risarcimento spettante.

PER MAGGIORI INFO:

https://www.lavoro.gov.it/notizie/Pagine/Licenziamento-per-giustificato-motivo-oggettivo-nel-periodo-protetto-diritto-alla-NASpI.aspx

PER RICHIESTE DI CONTATTO:

https://sandrosantucci.com/#contatti

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